Roma, il 20 settembre 1970, cade sotto l'avanzata dei bersaglieri di La Marmora. Lo zuavo Don Alfonso dell'Aquila d'Aragona, ignaro che i papalini hanno innalzato la bandiera bianca, uccide il bersagliere Urbano, della nobile famiglia S. Agata; quindi, ferito, va a rifugiarsi proprio nella casa del principe Don Prospero di S. Agata, il padre che ha abbandonato per recarsi a studiare pittura Parigi. Nella patrizia casa vivono, oltre al principe, sua moglie Costanza, la principessina Olimpia, la domestica Nunziatina e lo zio di Costanza, il prelato Don Pietro. Don Prospero, fedele al potere temporale e apparentemente fanatico dello stesso, accoglie il ferito Don Alfonso; Costanza, poi, gli riserva esplicite quanto illecite attenzioni. Ma alla stessa casa S. Agata perviene il tenente Gustavo Martini, di Desenzano del Garda, come il defunto Urbano militante nel 34º Reggimento Bersaglieri, il quale, avendo assistito alla morte del commilitone, intende portarne notizia alla famiglia e, soprattutto, alla giovane Olimpia, di cui l'amico gli ha sempre parlato. Il bersagliere finisce per trovarsi di fronte all'assassino e si confida con Olimpia e con Nunziatina; poi inizia un duello con Don Alfonso che, però è costretto a continuare, senza sparare, con Don Prospero. Il principe ha un collasso e, prossimo a morire, svela i suoi segreti mentre gli viene riferita la morte del figlio. Olimpia e Gustavo rimarranno soli, sotto gli occhi benevoli di Nunziatina.