Leopoldo Lalumera, nipote di un ricco barone ottantaquattrenne, morto d'infarto durante un convegno galante con una procace cameriera, scopre, alla vigilia delle nozze con la cugina Mariantonia, di essere diventato impotente. Ma è una menomazione temporanea, dalla quale lo guarisce un'avvenente danese diciottenne, condotta in casa Lalumera dallo scapestrato Carlo, figliastro della vedova Isabella. L'estromessa Mariantonia reagisce, rifiutando per vendetta, di sottoscrivere un accordo - voluto dal prete di famiglia, il vescovo Ruggero per ignorare le volontà testamentarie del defunto barone e dividerne in parti eguali il lauto patrimonio. Se ne avvantaggia Leopoldo, che lo eredita dalla prima all'ultima lira. Per poco, però, ché l'astuto Ruggero, tornata la danesina al suo paese, lo costringe a far marcia indietro (ognuno dei suo famelici parenti avrà la sua parte d'eredità) e a sposare Mariantonia, la cui fedeltà verrà presto insidiata da Carlo.